CGIL – Scuola, la grande dimenticata della campagna elettorale
Alle lettrici e ai lettori della nostra newsletter segnaliamo l’articolo “Scuola, la grande dimenticata della campagna elettorale” di Mario Pierro pubblicato su il Manifesto, con alcune dichiarazioni di Francesco Sinopoli, Segretario generale della FLC CGIL e i risultati di un sondaggio Futura-Cgil.
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Scuola, la grande dimenticata della campagna elettorale
A poco più di un mese dal ritorno in classe, la scuola resta nel dimenticatoio della campagna elettorale. Non si parla delle norme di sicurezza da osservare nel terzo anno della pandemia; dimenticata è l’esigenza di sdoppiare le classi e adeguare l’edilizia scolastica come richiesto almeno dal 2020; resta la mancanza di fondi per il rinnovo del contratto per il personale nei fatti sospeso nonostante le ingenti risorse destinati dal «Pnrr» per l’edilizia e solo una parte degli Istituti tecnici superiori («Its»); non si parla di didattica e sperimentazione culturale che non sia legata all’idea di scuola come agenzia interinale e formazione al precariato.
SONO GLI ELEMENTI che emergono dal sondaggio condotto dall’Osservatorio Futura per la Cgil su un campione di duemila persone. Secondo la maggior parte dei partecipanti al sondaggio le misure di prevenzione al Covid non devono venire abbandonate. Uno su tre pensa siano necessari interventi di igienizzazione degli ambienti scolastici, segue lo sdoppiamento delle classi (17% del campione, ma ben un insegnante su tre), svolgimento delle lezioni in luoghi più ampi o esterni (17%) e rispetto della distanza di sicurezza. Solo il 15% del campione non adotterebbe alcuna misura. «Chi lavora nelle scuole chiede le stesse cose, a partire dai dirigenti scolastici che giustamente reclamano l’organico Covid – sostiene Francesco Sinopoli (FLC CGIL) – La realtà è che da parte del governo non c’è stata nessuna idea di come affrontare il prossimo anno scolastico. I problemi che emergono dalle risposte sono gli stessi di questi anni di pandemia, ai quali però con l’ultima Legge di bilancio non è stata data una risposta efficace».
LO STATO DEL DIBATTITO su questi problemi della scuola è confusionale. Lo era già prima della fine del governo Draghi che ha deciso di spegnere la pandemia per decreto senza ovviamente riuscirci. Non è chiaro se da settembre docenti, studenti e personale amministrativo dovranno indossare la mascherina dentro e fuori della classe e se dovranno rispettare particolari regole riguardanti spazi condivisi e impianti di aerazione. Non ci sono nuove regole che modificano il numero massimo di alunni per classe. Di difficile reperimento sono i dati sulle nuove aule costruite nel frattempo per garantire il distanziamento. Si resta al momento sospesi ai consulti in corso tra le autorità sanitarie, il Ministero dell’Istruzione e quello della Salute. Le indicazioni potrebbero arrivare a ridosso della riapertura, con il rischio di mandare di nuovo in tilt l’intero sistema, in piena bagarre elettorale. Possibilità che può aumentare in caso di nuove ondate di Covid (la variante «Centaurus») a partire dall’autunno. La legge resta la stessa: la scuola? Si arrangi.
A DOVERSI «ARRANGIARE» saranno come sempre i docenti. Dal sondaggio dell’Osservatorio Futura emerge un dato in controtendenza. Agli insegnanti è riconosciuto un ruolo determinante nella crescita e nell’educazione di bambini e ragazzi nella scuola primaria e in tutti gli ordini di scuola. Un orientamento importante da valorizzare dato che gli anni di Dad hanno prodotto effetti deleteri sulla psiche e le relazioni degli studenti. «Questi giudizi così lusinghieri non corrisponde un riconoscimento del loro valore sociale e, di conseguenza, una retribuzione adeguata» osserva Sinopoli (FLC CGIL).
UN ALTRO SONDAGGIO della rivista «La Tecnica della scuola» sui precari interpellati tra gli oltre 2 mila i docenti è (ri)emersa la richiesta dell’introduzione del «doppio canale» per immettere in ruolo gli abilitati con almeno 36 mesi di servizio svolto. Tra i docenti di ruolo si sostiene che la discriminante sia il «Tirocinio formativo attivo» («Tfa») e i concorsi devono essere seri, non quiz rischiatutto. Per l’ultimo concorso organizzato si è infatti parlato di una «strage di candidati» causata anche dal nozionismo sfrenato e da molte domande sbagliate dal ministero dell’Istruzione.